giovedì 21 novembre 2013

Un illegale imperituro


Oggi mi è venuta voglia di sparare a delle anatre. Così, di punto in bianco.
Ho cominciato a pensare a cosa avrei dovuto fare: la richiesta per il porto d’armi, l’acquisto di un fucile e pure trovare un posto pieno di anatre perché in realtà nella mia zona non c’è manco una cazzo di anatra. Quanta fatica, quanta burocrazia e chissà quanti soldi dovrei spendere, ho pensato.
Allora, sul divano, ho chiuso gli occhi e ho sparato alle anatre con la fantasia. Però o non le centravo oppure, quando le colpivo, non provavo nessuna soddisfazione perché erano uccelli troppo gracili.
Ho virato le mie fantasie su degli enormi avvoltoi come li ricordavo in alcuni cartoni animati e sì che godevo quando li colpivo. PUA’! un grosso proiettile esplosivo centrava il pennuto ed esso esplodeva con grande spargimento di sangue membra e piume che schizzavano da tutte le parti. Mi piacciono i proiettili esplosivi. I proiettili esplosivi sono quei proiettili che entrano nel corpo dell’obiettivo, non lo trapassano, e una volta dentro PUA’! esplodono come bombe creando un macello meraviglioso perché sanguinolento.
Poi sono uscito, sono andato alla posta. Mentre mi recavo lì ho pensato, ma non riesco a ricordare cosa. È una sensazione scocciante: so benissimo di aver pensato, ma non ricordo cosa.
Alla posta la solita storia, quelle facce di cazzo degli impiegati che forniscono un servizio pessimo e quei vecchi di merda più gli ignoranti abissali che per fare un’operazione impiegano quaranta minuti di orologio. Li odio, li odio veramente tutti.
L’unica novità è che nell’ufficio ho visto Maonicao. Il nome è Monica, ma da noi si pronuncia Maonicao. Non abbiamo mai avuto rapporti (per fortuna), non abbiamo avuto mai niente da dirci (per fortuna) e anche oggi è stato così (per fortuna). Son diciassette anni che è così (per fortuna).
Dopo la posta son tornato a casa, ho perso tempo, ho mangiato e per evitare di collassare sul divano che poi sto male, sono uscito a fare due passi.
Il cielo era grigio, sul tempestoso. Ma non mi ha fatto nessun effetto particolare. Il mare sì, invece. Quando è così grigio e agitato, mi mette sempre una strana sensazione addosso. C’era pure un vento fottuto. Ho camminato un bel po’, poi mi son seduto su una panchina e ho letto il brevissimo e bello Elogio di Carmelo Bene scritto da Giancarlo Dotto. Finita la lettura son tornato a casa e non ricordo né cosa ho fatto né cosa ho pensato.
Domani parlerò dell’Elogio e dopodomani parlerò del concetto di “sentenza suicida”. Poi verrà la domenica e chissà, magari parto per l’Uruguay.

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