sabato 13 aprile 2013

A un demagogo



Come amo Guido Gozzano. Non faccio che leggerlo e rileggerlo. Vado avanti piano piano, perché non voglio mai arrivare alla fine del libro delle sue poesie. E allora leggo, torno indietro, riassaporo.
Ci vorrebbero 60 milioni di copie di Guido Gozzano in tutta Italia, una per ogni abitante. Poi altre 60 milioni di copie nel caso uno smarrisse la propria e poi altre 60 milioni di copie. All’infinito.
Io vi vedo, o anime perse. Invece di portare i libri con voi, magari per leggere in treno - giocate coi cellulari a quel cazzo di razol, poi c’è il lavoro, poi gli amorazzi, poi la televisione, poi il pc, poi mangiare, dormire e alla fine della giornata non avete letto manco il cazzo. E magari avete anche il coraggio di sospirare: ah, se avessi tempo, come mi piacerebbe leggere … uhm.
Stasera propongo la poesia A un demagogo. Il tono è molto ironico. Il poeta accoglie il rimprovero del rivoluzionario che lo accusa di vivere in un mondo astratto, isolato dalla vita reale e dal popolo, con una specie di ghigno. In effetti chi nella propria vita non ha incontrato un impegnato, un cacacazzo che non serviva né un ideale, né una rivoluzione ma solo se stesso e i propri interessi? Costui è una triste figura che si agita tanto per occupare un vuoto. Un vuoto dentro di sé. Il vuoto che egli è.

A un demagogo

Tu dici bene: è tempo che consacri
ai fratelli la mente che si estolle
anche il poeta, citaredo folle
rapito negli antichi simulacri!

Non più le tempie coronate d’acri
serti di rose alla Bellezza molle;
venga all’aperto! Canti tra le folle,
stenda la mano ai suoi fratelli sacri!

E tu non mi perdoni se m’indugio,
poiché di rose non si fanno spade
per la lotta dei tuoi sogni vermigli.

Ma un fiore gitterò dal mio rifugio
sempre a chi soffre e sogna e piange e cade.
Eccoti un fiore, o tu che mi somigli!

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