mercoledì 26 settembre 2012

Il giunco mormorante


Nina Berberova scrive proprio da dio e per rendersene conto bastano le prime dodici pagine che formano il primo capitoletto di questo breve romanzo.
L’uso della metafora, del flashback, i pensieri che sanno vagare rimanendo magicamente coerenti con gli avvenimenti esterni e il flusso della storia, la dolcezza, l’ironia.... L’ho riletto più volte questo primo capitolo e sono ancora sotto l’effetto di questa grande arte narrativa di Nina. Mi verrebbe voglia di segnalarlo alle scuole di scrittura.
Il romanzo è la storia di un amore potentemente intenso e altrettanto potentemente insoddisfatto che deve affrontare una lunga (e lontana tanto quanto la Francia dalla Svezia) separazione, la Seconda Guerra mondiale e la guerra tattica e tremenda di una donna diabolica e manipolatrice: Emma.
A proposito della Seconda Guerra mondiale. Nel libro se ne parla in poche pagine, ma c’è tutto quello che serve per descrivere una guerra: le folle di reclute sui marciapiedi, il razionamento del cibo e della luce, i soprusi, le paure, la vita che si deforma a causa degli eventi bellici.
Nella “seconda parte” del romanzo, la protagonista va in Svezia e la tensione sale. Ho “inseguito” pagina per pagina la storia sperando che succedesse quello che il mio animo romantico voleva che succedesse. Non vi dirò, ovviamente, quel che succede. Lo scoprirete leggendo. Quello che voglio dire è che la Berberova ci insegna una grande cosa della letteratura: non è importante il lieto fine (gli happy end sono per gli stupidi), ma narrarci una grande trasformazione, una rivoluzione che sconvolge la forma mentis del personaggio. Ed è proprio questa rivoluzione interiore uno dei due motivi principali per cui vale la pena leggere Il giunco mormorante.
L’altra, sublime, riguarda il pezzo che parla della teoria del no man’s land.
Anzi, è talmente interessante questa teoria, è un pensiero che m’è piaciuto così tanto, che ho deciso di condividerlo con lor signori. A domani.

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