venerdì 13 luglio 2012

Dialogo fra Crepafame e Succhiasangue

Dopo aver scritto un bellissimo Compendio al Capitale di Marx (di cui parlerò), Carlo Cafiero compose, a mo’ di conclusione, il Dialogo fra Crepafame e Succhiasangue.

È il giorno del mercato e tra la folla dei venditori e dei compratori scorgiamo un uomo che non esiteremo a riconoscere, un uomo conosciuto nel suo villaggio col nome di Crepafame. Egli non è qui venuto certamente per comprare; e quanto a vendere, non ha che le sue braccia.
Ecco un individuo di aspetto molto decente che gli si avvicina. Ah è il signor Succhiasangue, quel fallito che un’eredità ha testé salvato dalla miseria. Appressiamoci, e sentiamo un po’ di che si tratta.
Succhiasangue – Ehi brav’uomo, siete disposto ad Impiegarvi?
Crepafame – Pronto al vostro servizio, signore.
Succhiasangue – Che prezzo volete per la vostra giornata?
Crepafame – Cinque franchi, signore.
Succhiasangue – Troppo, caro mio, ve ne offro tre.
Crepafame – Ma, signore, come si fa a vivere con tre franchi al giorno?
Succhiasangue – Potete vivere perfettamente. Il prezzo che vi offro è proprio quanto ci vuole per mantener voi e la vostra famiglia; questo è oggi l’esatto prezzo della forza lavoro che voi mi vendete, e voi non potete pretendere per la vostra merce più di quanto essa vale, più di quanto domandano gli altri. Io del resto, non sono uso a stiracchiare per defraudare la mercede all’operaio. Se volete venire per tre franchi è bene, altrimenti mi provvederò altrove.
Crepafame – Ma, signore, osservate che col mio lavoro io vi produrrò più di cinque franchi al giorno.
Succhiasangue – Ah! Eccoci alle solite storie. Voialtri operai volete sempre immischiarvi nei fatti che non vi riguardano, nelle cose che non capite punto.
Che diritto avete voi di venire a vedere che uso farò io della vostra forza lavoro? Voi mi vendete la vostra merce, io ve la pago al suo giusto prezzo, e non avrò il diritto di farne l’uso che mi pare? Viene forse il droghiere a vedere che uso farò io dello zucchero e del pepe che ho comprato nella sua bottega? Sì, sì, io lucrerò sull’uso della vostra forza lavoro; ma quando vi lucrassi un milione voi non avreste niente a vederci.
Oh bella! Ma credete ch’io voglia impiegarvi pei vostri begli occhi? Certamente che profitterò sull’uso della merce che compro da voi; è per questo appunto che voglio comprarla. Si sa che la forza di lavoro rende più di quanto costa; ed è appunto per ciò che il capitalista la cerca e che voi trovate il vostro posto nell’armonia degli interessi… Via chè vado io perdendo il tempo per spiegare a voi queste cose?... Se accettate bene, se no, cerco un altro.
Crepafame – Sì, accetto, signore. Ditemi dove devo recarmi e sono al vostro servizio.
Succhiasangue – Bene, seguitemi.
“L’uomo del denaro prende la precedenza, e, in qualità di capitalista, comincia per il primo; il possessore della forza di lavoro gli tiene dietro come lavoratore che gli appartiene: quegli, dallo sguardo furbo e dall’aspetto altero ed affaccendato; questi, timido, esitante, restio, come chi, avendo portato la propria pelle al mercato, non può aspettarsi ormai che una cosa sola: essere conciato”.
(Marx, Il Capitale, Capitolo VI)
Tale è il prologo del nostro dramma. Passiamo ora al primo atto: la giornata di lavoro. Scorso un anno. Ci troviamo nell’opificio del signor Succhiasangue. Una grande quantità di operai sono occupati al lavoro: tutti in silenzio ed ordinati come se fossero tanti soldati. Né vi mancano sorveglianti ed ispettori che a guisa di ufficiali passeggiano fra i ranghi, tutto osservando, dando ordini, e sorvegliandone la fedele esecuzione.
Del capitalista non se ne vede neppur l’ombra. Si apre una porta a vetri che mette nell’interno; forse sarà lui: vediamo.
È un grave personaggio, ma non è il signor Succhiasangue. I sorveglianti gli si fanno premurosamente intorno, e ricevono con la massima attenzione i suoi ordini. Odesi il suono di un campanello elettrico; uno dei sorveglianti corre ad applicare il suo orecchio alla bocca di un tubo di metallo che dalla volta scende lungo il muro; e viene tosto ad annunziare al signor direttore che il padrone lo chiama presso di lui a conferenza.
Cerchiamo Crepafame nella folla degli operai; e finalmente ci viene atto trovarlo in un angolo, tutto dedito al lavoro. Egli è divenuto scarno e pallido in volto: sulla sua faccia si legge un profondo pensiero di tristezza. Un anno fa lo vedemmo sul mercato contrattare la sua forza di lavoro col signor Succhiasangue; quanto è grande oggi la distanza fra loro! Oggi è un operaio perduto nella folla dei molti che popolano l’opificio, e oppresso da una giornata di lavoro straordinariamente lunga; mentre il signor Succhiasangue, divenuto grosso capitalista, se ne sta come un dio nell’alto del suo Olimpo, da dove manda gli ordini al suo popolo attraverso una schiera d’intermediari.

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