venerdì 1 giugno 2012

Scrigno estetico di tesori artistici


Oggi vado in soffitta e apro il baule. Non trovo né giocattoli della mia infanzia, né vecchi vestiti, né foto, né lettere di qualche innamorata idiota.
È un baule artistico che contiene piccoli, umili e in qualche caso sublimi gioiellini artistici ed estetici.
L’estetica non è solo una disciplina filosofica, né quella stronzata moderna di giudicare quadri o roba simile. Estetica è una parola greca che significa godere attraverso l’apprendimento, in questo caso godere attraverso la lettura.
Dicono che chi è sazio non può capire chi è affamato; io aggiungo che un affamato non capisce un altro affamato. (Dostoevskij)
[come sempre, Fedor non delude. questa è una frase di grande e tragica verità]

In quanto artisti bloccati, tendiamo a criticare noi stessi senza pietà, e anche quando il mondo esterno ci considera artisti abbiamo sempre l’impressione di non fare abbastanza e di sbagliare ciò che stiamo facendo. Siamo vittime del nostro stesso perfezionista interiore, un malvagio critico, il Censore che risiede nel nostro cervello e mantiene in vita un flusso continuo di osservazioni sovversive, spesso camuffate da verità. Il censore è quello che vi dice cose come: “E questo lo chiami scrivere? Ma dai. Non sai nemmeno dove mettere le virgole, e poi se non ce l’hai fatta fino a ora non ce la farai mai più. Fai anche errori di ortografia… Ma che cosa ti fa pensare di essere creativo?” e così via all’infinito.
Stabilite questa regola: ricordate sempre che le opinioni negative del vostro Censore non sono la verità. Lasciate pure che blateri (lo farà certamente), senza che la vostra mano smetta di muoversi sulla carta. Potrete scrivere i pensieri del Censore notando come gode nel mirare alla vostra giugulare creativa. Non cadete nelle sue reti: il Censore è lì per catturarvi, è un abile avversario da non sottovalutare. Ogni volta che diventate più svelti nel sottrarvi, lui diventa più rapido e astuto nel cacciarvi. Avete scritto un bel racconto? Il Censore calerà a valle per dirvi quello che pensa. Avete fatto un bel disegno? Eccolo arrivare per dire: “Di certo non è un Picasso”. Pensate al vostro Censore come a un serpente da disegno animato: si insinua subdolo nel vostro Eden, sibilando vili parole per distrarvi in continuazione.
[sì, ricordo. questi sono gli appunti sul Censore, su quell’ente spirituale che ci blocca la psiche durante i nostri attacchi creativi. un ente materiale è, ad esempio, il foglio bianco]

La sera in cui prende la decisione di rinunciare al mondo gli annunciano che sua moglie ha dato alla luce un figlio. Torna nel palazzo; a mezzanotte si desta, attraversa l’harem e vede le donne addormentate. A una esce bava dalla bocca; un’altra, coi capelli sciolti e in disordine, sembra calpestata da elefanti; un’altra parla in sogno; un’altra ha il corpo pieno di ulcere; tutte sembrano morte. Siddharta dice: “Così sono le donne, impure e mostruose nel mondo degli essere mortali; ma l’uomo, ingannato dalle loro grazie, le giudica desiderabili”.
[ah, questo è preso dalla leggenda di Buddha]

La signorina Willerton è un’aspirante scrittrice e siccome oggi voleva scrivere un racconto, ho chiesto a Flannery di farmi “sentire” i suoi pensieri per avere una visione dall’interno dell’atto creativo e uscire per una volta dai soliti consigli tecnici sulla scrittura.
La signorina Willerton ha pranzato con tre persone noiose e petulanti che non sanno cosa sia l’arte, ha sparecchiato, ha mandato affanculo Lucia che la importunava ed è salita nella sua camera.
Una volta lì si è seduta davanti alla macchina da scrivere e ha cominciato a pensare a quale soggetto sarebbe stato adatto per affrontare un problema sociale. Pensa ai fornai…no, non vanno bene. Gli insegnanti? No, gli insegnati non costituiscono un problema sociale, sono fuori moda e le hanno sempre provocato un senso di disagio.
I mezzadri? Certo! i mezzadri sarebbero stati un soggetto artistico buono come qualunque altro e le avrebbero conferito quell’aria di preoccupazione sociale (ogni scrittore deve avere la sua “preoccupazione”) che era così importante nei circoli letterari che sperava di frequentare in futuro.
Cominciò a scrivere.
“Lot Motun chiamò il suo cane.” La parola “cane” fu seguita da una brusca pausa. La signorina Willerton era bravissima con la frase d’attacco e su di esse costruiva il racconto.
[la signorina Willerton…devo poi ricordarmi di scrivere com'è andato a finire il racconto e la storia del suo racconto]

Personalità della donna è l’incoscienza nobilitata dall’incoscienza.

C’è una donna nella stanza prima che entri uno che la vede? Esiste la donna in sé?

Per l’uomo lo specchio serve solo alla sua vanità; la donna ne ha bisogno per assicurasi della propria personalità.

Quanto più forte è la personalità di una donna, tanto più facilmente essa porta il fardello delle sue esperienze. L’orgoglio viene dopo la caduta.
[per gradire, quattro aforismi di Karl Kraus sulle donne]

Questo romanzo dura un respiro, uno di quelli che fanno bene e cacciano fuori tutti i pensieri; lasciandoti come quando scende quel silenzio tombale durante una partita di calcio e si sente solo la voce del cronista sintonizzato su centinaia di tv nel raggio di chilometri; come quando entri in un palazzo di domenica alle tre e l'odore della frittura di pesce ti ricorda che forse un po’ di spazio nello stomaco c'è ancora; come quando senti le voci dei pochi venditori ambulanti rimasti i racconti dei ricoveri durante la guerra- e ti chiedi se è la stessa città di adesso, se è la stessa città che vede l'autore e se di questa città ne resta ancora una briciola.
[questo è un regalo. un inizio di recensione da adattare a un qualsivoglia romanzo]

In un angolo remoto dell’universo scintillante, diffuso in innumerevoli sistemi solari, c’era una volta un astro sul quale animali intelligenti inventarono la conoscenza. Fu il minuto più tracotante e più menzognero della “storia universale”; ma fu solo un minuto. Dopo pochi respiri della natura, l’astro si irrigidì e gli animali intelligenti dovettero morire.
[l’incipit di una breve e famosissima opera che lascerò scoprire a chi vorrà]

“L’arte è un passo che dalla natura conduce all’infinito”
(“Art is a step from nature toward the infinite”)
[frase fantastica di Gibran]

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