sabato 9 giugno 2012

Niente trucchi, siamo scrittori



Io sono un lettore.
Potrei quasi dire che mi piace so fare e voglio fare solo quello. Leggere, leggere, leggere. Ma preferisco non dirlo per non passare da pazzo e per non far scendere lo share.
Esiste il lettore monomaniaco, cioè il lettore che legge un solo genere di libri o addirittura quello che legge un solo autore. Un mio amico, per esempio, legge SOLO Simenon. Per carità, Simenon è un grande scrittore, ma come si fa a leggere solo lui? È una cosa che mi fa impazzire e non ho strozzato né denunciato questo mio amico alle autorità solo perché vent’anni fa mi fece scoprire i Guns ‘n’ Roses.
Andiamo avanti.
Io leggo un po’ di tutto. Romanzi lunghi, romanzi brevi, poesie, saggi, filosofia ecc. mi piace alternare e gli autori e i generi e l’impegno.
A volte, per esempio, non ce la faccio a zucarmi i mallopponi tipo Guerra e pace e allora viro su un volume di racconti.
Un grandissimo scrittore di racconti (e di poesie) è l’americano Raymond Carver. Stasera dialoghiamo un po' con lui sulla scrittura.
- Raymond, come mai hai scritto solo volumi di racconti?
- A dire il vero non lo so. So che a metà degli anni ’60 mi resi conto che avevo qualche difficoltà a concentrare l’attenzione su opere narrative di una certa lunghezza. Per un po’ di tempo ho avuto difficoltà a leggerle, oltre che a cercare di scriverne. La mia capacità di attenzione si era come esaurita; non avevo più la pazienza necessaria a tentare di scrivere dei romanzi. È una storia complicata e troppo noiosa per raccontarla ora. Però so che ha molto a che fare con la ragione per cui scrivo poesie e racconti brevi. Presto dentro, presto fuori. Niente indugi. Avanti. Può darsi che sia successo perché a quell’epoca, mentre mi avviavo verso la trentina, avevo perso qualsiasi ambizione di grandezza.
- Che ne pensi del talento quando si parla di scrittori?
- Ci sono scrittori che di talento ne hanno tanto; non conosco scrittori che non ne abbiano. Ma un modo di vedere le cose originale e preciso e l’abilità di trovare il contesto giusto per esprimerlo, sono un’altra cosa. Il mondo secondo Garp è, naturalmente, il meraviglioso mondo di John Irving. E c’è un altro mondo di Flannery O’Connor, e altri mondi di William Faulkner, di Ernest Hemingway e altri ed altri ancora.
- Quindi lo scrittore è innanzitutto un creatore di mondi …
- Ogni grande scrittore e anche semplicemente ogni bravo scrittore ricrea il mondo secondo le proprie specificazioni.
- Un artista che attraverso lo stile e la scrittura ci dà la sua Weltanschauung
- È qualcosa di simile allo stile, quello di cui sto parlando, ma non è solo una questione di stile. È il tipo di inconfondibile e unica firma che lo scrittore lascia su qualsiasi cosa egli scriva. E ne fa il suo mondo e niente altro. È una delle cose che contraddistingue uno scrittore. E non è il talento. Di quello ce n’è anche troppo in giro. Ma uno scrittore che ha una maniera particolare di guardare le cose e riesce a dare espressione artistica alla sua maniera di guardare le cose, è uno scrittore che durerà un pezzo.
- So che trascrivi su un quaderno le frasi o i pensieri sulla scrittura che ti hanno colpito di più. Ti va di dircene qualcuno?
- Certo. La prima che mi viene in mente è Isak Dinesen che diceva che lei scriveva un po’ ogni giorno, senza speranze e senza disperazione. Un’altra è di Ezra Pound: “Una fondamentale accuratezza d’espressione è il solo e unico principio morale della scrittura”. Non che questo basti, per carità, ma se uno scrittore ha la fortuna di possedere “una fondamentale accuratezza d’espressione”, be’, perlomeno è sulla strada giusta. Poi ho questo frammento di Cechov: “… e all’improvviso tutto gli fu chiaro”. Per me queste parole sono piene di meraviglia e di possibilità. Mi piace la loro limpida semplicità e l’accenno di rivelazione che vi è implicito. C’è anche del mistero. Cos’è che non gli era chiaro prima? Perché gli diventa chiaro proprio ora? Cos’è successo? E soprattutto, cosa accadrà ora? Risvegli così improvvisi portano con sé delle conseguenze. Provo un’acuta sensazione di sollievo – e di attesa.
Una volta ho sentito Geoffrey Wolff dire a un gruppo di aspiranti scrittori: “Niente trucchi da quattro soldi”. Anche questa mi piace da morire, ma io la correggerei un po’: “Niente trucchi”. Punto e basta. I trucchi non li sopporto. Quando leggo narrativa, al primo segno di trucco o di trovata, non importa se da quattro soldi o elaborata, mi viene istintivo cercare riparo. In definitiva i trucchi sono noiosi e io tendo ad annoiarmi facilmente, il che potrebbe avere qualcosa a che fare con il periodo limitato di attenzione cui sono capace. Ma la scrittura estremamente elaborata o chic o quella chiaramente stupida mi fanno veramente venire sonno. Gli scrittori non hanno bisogno di ricorrere a trucchetti e trovatine né sta scritto che essi debbano sempre essere i più in gamba di tutti. A costo di sembrare sciocco, uno scrittore a volte deve essere capace di rimanere a bocca aperta davanti a qualcosa, qualsiasi cosa – un tramonto o una scarpa vecchia – colpito da uno stupore semplicemente assoluto.

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