giovedì 10 maggio 2012

Stato e rivoluzione. La dottrina marxista dello Stato e i compiti del proletariato nella rivoluzione [scritto introduttivo]


La questione di quale carattere avrebbe assunto il potere statale, una volta che il proletariato insorto avesse riportato la vittoria, è il motivo principale che spinse Lenin a scrivere Stato e rivoluzione. Per questo, nella seconda metà del 1916, egli manifestò l’esigenza di mettere a punto e rielaborare in forma sistematica la teoria marxista dello Stato.
Lenin ritenne indispensabile schierarsi contro le deformazioni della teoria marxista dello Stato nei teorici più in vista del marxismo: Plechanov e Kautsky.
“Il problema dell’atteggiamento dello Stato nei confronti della rivoluzione sociale e della rivoluzione sociale nei confronti dello Stato, come del resto il problema della rivoluzione in generale, ha preoccupato assai poco i teorici e i pubblicisti più in vista della II Internazionale (1889-1914). Si può dire in generale che la tendenza a eludere il problema dell’atteggiamento della rivoluzione proletaria verso lo Stato, tendenza vantaggiosa per l’opportunismo che essa alimentava, ha portato al travisamento del marxismo e alla sua completa degradazione”.
Nell’autunno del 1916 e all’inizio del 1917 Lenin si immerse nel lavoro teorico; lavorò con foga in biblioteca studiando a fondo le opere di Marx ed Engels sulla questione dello Stato. Questo lavoro si tradusse in numerosissimi appunti riportati in un famoso quaderno con la copertina blu intitolato Il marxismo sullo Stato.
In esso Lenin trascrisse tutte le principali citazioni sull’argomento, tratte dalle opere di Marx ed Engels, nonché estratti di libri e articoli di Kautsky, Pannekoek e Bernstein, con osservazioni critiche e conclusioni. In una lettera ad Aleksandra Kollontaj (autrice dell’interessantissimo libro Largo all’Eros alato! di cui parlerò in futuro) in data 4 (17) febbraio 1917, Lenin diceva di aver quasi finito di raccogliere la documentazione necessaria sull’argomento.
Riporto alcune parole di Lenin scritte nella Prefazione alla prima edizione (Agosto 1917):
Il problema dello Stato assume ai nostri giorni una particolare importanza, sia dal punto di vista teorico che dal punto di vista politico pratico. La guerra imperialista ha accelerato e acutizzato a un grado estremo il processo di trasformazione del capitalismo monopolistico in capitalismo monopolistico di Stato. L’oppressione mostruosa delle masse lavoratrici da parte dello Stato, il quale si fonde sempre più strettamente con le onnipotenti associazioni dei capitalisti, acquista proporzioni sempre più aberranti. I paesi più avanzati si trasformano – ci riferiamo alle loro “retrovie” – in case di pena militari per gli operai.
Gli inauditi orrori e flagelli di una guerra di cui non si vede la fine, rendono insostenibile la situazione delle masse, aumentano la loro indignazione. La rivoluzione proletaria internazionale matura in modo visibile, e il problema del suo atteggiamento verso lo Stato assume un significato pratico.
Gli elementi di opportunismo che si son venuti accumulando nel corso di decenni di sviluppo relativamente pacifico, hanno fatto sorgere la corrente socialsciovinista che domina nei partiti socialisti ufficiali di tutto il mondo. Questa corrente (Plekhanov, Potresov, Bresckovskaia, Rubanovic, e, in forma appena velata, i signori Tsereteli, Cernov e consorti in Russia; Scheidemann, Legien, David e altri in Germania; Renaudel, Guesde, Vandervelde in Francia e in Belgio; Hyndman e i Fabiani in Inghilterra, ecc.) – che è socialismo a parole e sciovinismo nei fatti – si distingue per l’atteggiamento piatto, servile, dei “capi” del “socialismo” agli interessi non solo della “propria” borghesia nazionale, ma precisamente del “proprio” Stato, giacché da lungo tempo la maggior parte delle cosiddette grandi potenze sfruttano e asserviscono numerosi popoli piccoli e deboli.
Orbene la guerra imperialista è appunto una guerra per la spartizione e la ridistribuzione di un simile bottino. La lotta per sottrarre le masse lavoratrici all’influenza della borghesia in generale, e in particolare della borghesia imperialista è impossibile senza una lotta contro i pregiudizi opportunistici sullo “Stato”.

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