martedì 15 maggio 2012

Pasolini e il popolo napoletano


Pasolini aveva girato a Napoli il suo Decameon, prestando ai personaggi di Boccaccio il dialetto di Basile, di Sgruttendio e di Ferdinando Russo.
Nel corso di quel soggiorno, che ebbe luogo nel settembre-ottobre 1970, Pier Paolo si era innamorato del popolo napoletano e ne aveva intuito, forse unilateralmente, certo con disperata passione, una dimensione tragica che è spesso sfuggita ai visitatori più distratti.
E sui napoletani, Pasolini ci ha lasciato questa pagina meravigliosa e stupefacente.

Napoli è stata una grande capitale, centro di una particolare civiltà, ecc., ma strano, ciò che conta non è questo. Io non so se gli “esclusi dal potere” napoletani preesistessero, così come sono, al potere, o ne siano un effetto. Cioè, non so se tutti i poteri che si sono susseguiti a Napoli, così stranamente simili tra loro, siano stati condizionati dalla plebe o l’abbiano prodotta. Certamente c’è una risposta a questo problema, basta leggere la storia napoletana non da dilettanti o casualmente, ma con onestà scientifica. Questo io finora non l’ho fatto, perché non mi si è presentata l’occasione, o forse perché non mi interessa. Ciò che si ama tende a imporsi come ontologico*.
Io so questo: che i napoletani oggi sono una grande tribù, che anziché vivere nel deserto o nella savana, come i Tuareg o i Boja, vive nel ventre di una grande città di mare.
Questa tribù ha deciso – in quanto tale, senza rispondere delle proprie possibili mutazioni coatte – di estinguersi, rifiutando il nuovo potere, ossia quella che chiamiamo la storia, o altrimenti la modernità. La stessa cosa fanno nel deserto i Tuareg o nella savana i Boja (o fanno anche, da secoli, gli zingari): è un rifiuto, sorto dal cuore della collettività (si sa anche di suicidi collettivi di mandrie di animali); una negazione fatale contro cui non c’è niente da fare. Essa dà una profonda malinconia, come tutte le tragedie che si compiono lentamente; ma anche una profonda consolazione, perché questo rifiuto questa negazione alla storia è giusto, è sacrosanto.
La vecchia tribù dei napoletani, nei suoi vichi, nelle sue piazze nere o rosa, continua come se nulla fosse successo a fare i suoi gesti, a lanciare le sue esclamazioni, a dare nelle sue escandescenze, a compiere le proprie guappesche prepotenze, a servire, a comandare, a lamentarsi, a ridere, a gridare, a sfottere; nel frattempo, e per trasferimenti imposti in altri quartieri (per esempio il quartiere Traiano) o per il diffondersi di un certo irrisorio benessere (era fatale!), tale tribù sta diventando altra. Finché i veri napoletani ci saranno, ci saranno; quando non ci saranno più, saranno altri (non saranno dei napoletani trasformati).
I napoletani hanno deciso di estinguersi restando fino all’ultimo napoletani, cioè irripetibili, irriducibili e incorruttibili.

* splendida definizione di che cos'è la filosofia nella sua essenza.

3 commenti:

  1. Una delle mie scrittrici preferite disse che ogni Stato ha una citta dove follia e umanità, passione e trasgressione, vita vivente e pulsante si mischiano continuamente e negli Stati Uniti è Los Angeles, per l'Italia diceva che era Napoli.
    Io adoro i napoletani ( la madrina di mia figlia è la mia amica sorella trentennale napoletana) , litigo in napoletano, amo in napoletano, sorrido in napoletano, lo parlo spesso, tanto che i miei amici napoletani mi dicono che sono una barese sbagliata.
    Ne apprezzo ingegno, ironia, forza, coraggio, amarezza e senso della fatalità, sia nel bene che nel male.
    Ma c'è vita in ogni cuore napoletano, c'è passione, c'è anche compassione ( nella accezione slava di Milan Kundera) c'è tanto e stratanto e sono onorata delle mie amicizie napoletano che anocra adesso sono importanti e basilari nella mia vita
    Ed è vero, c'è quella malinconia dell'anima che aiuta a sorridere anche nelle avversità, è Pulcinella che ridendo ridendo dice le verità che fanno male e meno male fanno e quindi si sopportano, si risolvono, si superano, si va avanti.
    Bel post, complimenti.

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    1. Sono molto contento, mi fa piacere sapere che c'è almeno qualcuno che apprezzerà tutti gli altri post che dedicherò alla cultura e alla lingua napoletana.

      :-)

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    2. aveva fotutamente raggione ma è necesario ribadire una cosa : così come i tuareg gli zingari e tutte le tribù del mondo nessun tipo di modernità sarà troppo forte da distruggerci nel bene e nel male siamo e saremo sempre gli stessi, riconoscibili da chilometri...............

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