lunedì 2 aprile 2012

Manzoni, Socrate e la ragazza


In questi giorni c’è stata, sui giornali, una polemica letteraria. La riassumo.
Alcuni intellettuali accusavano il Ministero della Pubblica Istruzione di tenere in vita un programma di Letteratura Italiana obsoleto (pare risalente al 1870) e troppo orientato verso gli autori del nord.
Fin qui avevo condiviso perché è vero ed è inammissibile che, per esempio, uno studente siciliano non studi per bene Verga, che è trattato in maniera molto superficiale, o che ignori uno scrittore fondamentale per capire l’Italia contemporanea come Sciascia.
Poi però la polemica è degenerata, allorquando dei “professoroni” se la sono presa con Manzoni accusando lo scrittore milanese di uccidere la già poca voglia di leggere negli studenti e bollando i Promessi sposi come palla mortale che parla di un’Italia del Seicento di cui non frega niente a nessuno. No.
Già non posso accettare che si dica che Manzoni uccida la voglia di leggere, ma definire in quel modo i Promessi sposi mi ha molto offeso e come lettore e come amante dell’arte.
I Promessi sposi è un romanzo capolavoro perché eterna situazioni e vicende umane, perché dà una visione globale della condizione umana. Cioè ha le caratteristiche del vero e proprio classico. E non c’entra un cazzo l’Italia del Seicento perché il Seicento è solo l’ambientazione.
Magari si potrebbe fare una bella riforma del programma di Letteratura Italiana rendendolo più uniforme come protagonisti dal punto di vita geografico e regionale, si potrebbero cercare testi più “simpatici” per cercare di immettere nei ragazzi quanto più amore per la lettura possibile, ma per carità. I Promessi sposi non si toccano.

Mi piace Socrate perché non è il classico professore che ti gonfia le palle con le sue teorie, né fa il pavone facendo la ruota con le sue pretese grandi conoscenze. È più un amico.
Lui aveva capito che la mente dell’uomo è piena di stronzate e che quindi la prima cosa da fare è di distruggerle perché liberarsi delle false conoscenze è già un passo avanti fondamentale per essere veri filosofi. Ed è per questo che usava quei tre splendidi strumenti del pensiero che sono l’ironia, la dialettica (in senso Greco) e la maieutica.
Prossimamente parlerò dell’Apologia di Socrate e del Critone.

Concludo questo post ricordando una ragazza dei tempi del liceo. M’è venuta in mente ieri e ogni volta che ci penso mi ammazzo sempre dalla risate. Ecco a voi la ragazza “quattro quarti”.
Al liceo c'era una tipa soprannominata "quattro quarti", perché uscì con un tizio che poi raccontò a tutti il discorso che lei gli fece dal nulla, e che divenne leggenda.
"Io sono fatta di quattro quarti, un quarto sono le mie amiche, senza le quali proprio non saprei vivere, un quarto è il mio cellulare, da cui non mi separo mai, un altro quarto è il mio gatto Perla, nei cui occhioni rivedo riflessa me stessa…e l'ultimo quarto è il mio fidanzato…che non ho, ma che, chissà, potresti essere tu.."
A quanto ne so ancora oggi la chiamano “quattro quarti”.

1 commento:

  1. "Ora sapete come è l'aspettativa: immaginosa, credula, sicura; alla prova poi, difficile, schizzinosa: non trova mai tanto che le basti, perché, in sostanza, non sapeva quello che si volesse".

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