lunedì 12 marzo 2012

Talete Anassimandro Anassimene


Com’è noto, Aristotele nelle prime pagine della Metafisica abbozzò quella che noi oggi chiamiamo “storia della filosofia”.
Per lo Stagirita, Talete Anassimandro e Anassimene furono i primi filosofi. Perché questo giudizio?
Perché per la prima volta (almeno per Aristotele, eh) l’uomo indagò l’origine del tutto senza cercare scorciatoie irrazionali, senza rifugiarsi in spiegazioni mitiche. Affrontarono con la sola ragione il problema dell'arché.
Il racconto di Aristotele è soprattutto una precisa definizione della filosofia, perché individua l’essenza del nuovo stile di pensiero non nell’originalità dei problemi ma nel metodo, nelle procedure utilizzate per arrivare a una risposta. La filosofia inizia quando il pensiero diventa razionale, sia nel senso che cerca di seguire procedimenti logici sia nel senso di trovare nella realtà prove a sostegno delle affermazioni prodotte.
Le risposte di Talete Anassimandro e Anassimene sono importanti per il sistematico rifiuto del probabile, del possibile, del fantastico; perché sono risposte già del tutto razionali.
Di Talete, nato circa nel 624 a.C. e morto nel 545 a.C., non abbiamo alcuna notizia certa, ma una gran massa di aneddoti. La sua figura è condizionata dall’essere il primo della serie, la migliore immagine dello stereotipo del filosofo: Talete è l’osservatore della natura (furono i fenomeni dell’umidità a suggerirgli la sua prima dottrina), il geniale inventore, il politico impegnato nelle lotte contro i Persiani, e poi ancora geometra, astronomo e scrutatore del cielo, tanto da cadere in una buca della strada suscitando il riso di una servetta tracia (è l’immagine del filosofo che, tutto preso dalle sue profonde speculazioni, non è più in grado di affrontare la vita quotidiana).
Talete, pare, non ha scritto nulla o perlomeno di lui nulla di autografo ci è pervenuto. Di Anassimandro (circa 610-547 a.C.) e di Anassimene (circa 596-525 a.C.), il cui contributo si limita a offrire una risposta diversa allo stesso problema di Talete, rimane un solo frammento per ciascuno.
Il PROBLEMA dei tre filosofi Milesi (cioè della città di Mileto) può essere riassunto così: Qual è l’origine del mondo? Esiste un principio primordiale (arché, in greco) da cui tutto deriva?
Vediamo brevemente le tre TESI.
Secondo Talete, il principio primordiale va individuato nell’acqua. La risposta può sembrare deludente, ma la sua importanza risiede nel fatto che per la prima volta nella storia del pensiero si cerca una soluzione di tipo razionale, non più mitico-fantastica. Lo confermano le motivazioni addotte da Talete: i semi, come ogni nutrimento, sono umidi.
Con un notevole scatto intellettuale rispetto a Talete, Anassimandro individua l’arché non più in un elemento naturale ma nell’apeiron, termine che in greco indica l’illimitato, l’infinito, una realtà primigenia e indifferenziata senza limiti e senza confini. Probabilmente il ragionamento che lo condusse a questa conclusione è il seguente. Ogni parte dell’universo è il risultato di un’opposizione tra forze antagoniste: la terra, l’acqua, l’aria, il fuoco, ossia tutti gli elementi naturali, sono il risultato (una situazione di momentaneo equilibrio) fra coppie di opposti: il caldo si oppone al freddo, il secco si oppone all’umido. Ma anche il cosmo nel suo complesso deve essere il prodotto di un antagonismo fondamentale, e poiché l’universo appare definito, limitato, determinato in ogni sua componente, bisogna pensare che abbia avuto origine e sia sostenuto da un principio diametralmente contrario: l’apeiron.
Forse segnando un certo regresso rispetto alla soluzione di Anassimandro, Anassimene tornò a individuare l’arché in un elemento naturale: l’aria. In realtà è probabile che con questo termine egli alludesse a ciò che in seguito i Greci chiamarono pneuma, ossia quel vento caldo e rarefatto, di natura più spirituale che materiale, che è presente in ogni essere vivente ed esala dal corpo con l’ultimo respiro. Più che una sostanza naturale, l’aria di Anassimene è il principio della vita.
Voglio concludere scrivendo qualcosa su tre termini che ritengo i più importanti dal punto di vista filosofico. È solo un accenno, ne parlerò ancora e comunque ognuno può fare una propria ricerca personale.
APEIRON
La traduzione letterale di questo termine è senza limite. Anassimandro lo usa per indicare quella mescolanza originaria di tutte le cose, indefinita, indistinta e caotica, da cui, attraverso successive separazioni causate dall’alternanza di caldo e freddo, si è generato il mondo così come lo conosciamo. Il mondo greco non elaborò un’idea di infinito simile a quella moderna, associando sempre quest’idea alle nozioni di indeterminatezza, mancanza, negatività. In breve mi sento di dire che l’apeiron è il caos strappato alle teogonie poetiche-religiose e immesso nel piano concettuale della filosofia.
ARCHE’
Pare sia stato Anassimandro a usare per primo il termine, che in greco indica il principio, il fondamento, ciò da cui tutto ha avuto origine e che mantiene vivo il mondo. I Milesi, come ho scritto prima, indicarono l’arché in un elemento naturale (l’acqua, l’aria, l’apeiron), ma già i filosofi della generazione seguente elaborarono risposte più raffinate al problema: Eraclito individuò l’arché nel divenire e Pitagora nel numero. Il termine è poi rimasto nella tradizione e utilizzato da Platone e Aristotele per intendere in senso generico sia la materia di cui le cose sono fatte, sia la forza che dà vita alla natura, sia infine la legge che la governa.
MONISMO
Le dottrine dei Milesi costituiscono il primo rudimentale esempio di monismo, termine attribuito a tutte le filosofia che ipotizzano la derivazione della multiforme realtà da un principio unico. In metafisica il monismo si contrappone al dualismo, sostenuto in modo diverso sia da Platone sia da Cartesio, e al pluralismo, sostenuto da Aristotele ed altri filosofi ancora.

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