domenica 15 gennaio 2012

Il casotto dei saltimbanchi

[posto questa ecfrasi perchè m'è piaciuta da morire]

L’adunco naso del Pulcinella e la sognante, paffuta, giovane ballerina dal ventaglio. La malizia e l’innocenza si confrontano. La maschera che dà sicurezza e la disarmata identità alla luce del sole.
Due modi di guardare. Cosa? I saltimbanchi, cioè le fatiche del vivere, la vita. Eccoli, a testa in giù, quelli che adattandosi a mille contorsioni si sudano la pagnotta.
Pulcinella è interessato, pensa a come approfittarne; l’altra, che coi saltimbanchi ci lavora, non li vuole vedere; è stanca di vederli umiliarsi, vendere i loro talenti per quattro soldi.
E anche il figlio di Pulcinella, che è nato con la maschera, non è interessato allo spettacolo. Non ancora. Essendo nato con la maschera addosso, non passerà molto prima che si abitui ad usarla come un’arma. Pulcinella si avvantaggia perché non sai mai che espressione nasconde, non puoi mai guardarlo negli occhi. Lui può con te…
Pulcinella si avvantaggia con la furbizia, è l’uomo da una sola espressione, di cui non ti puoi fidare. È quello che ti imbroglia, è quello che dice la verità mentendo e le bugie come fossero vere.
Ed ecco che il pittore mostra il pubblico dietro i saltimbanchi; variegato, chi indossa una maschera, chi no. Le donne, no. Le dipinge ben visibili, in primo piano, senza maschera.
Però, Giandomenico Tiepolo, pittore veneto, dipinge nel ‘700 un ciclo di affreschi per la sua villa in cui i Pulcinella erano protagonisti. Convinto che Pulcinella non fosse napoletano o veneto, ma universale. E forse Tiepolo… sentiva che il carnevale è una metafora di tutto l’anno quando, finiti i coriandoli, trombette e festoni, a sorpresa qualcuno la maschera non se la leva…
E qualcun altro… finirà saltimbanco.

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